Il taglio del Cuneo fiscale in manovra

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    Uno dei temi più controversi che anima il dibattito politico alla vigilia di ogni manora finanziaria è la previsione del taglio del cuneo fiscale in busta paga per i dipendenti. Il cune fiscale come noto è una componente lorda che il datore di lavoro si trova a pagare oltre al netto in busta paga che va al lavoratore, per pagare le varie voci dovute sul costo del lavoro, ovvero le imposte e i contributi. Sono proprio queste voci a pesare per più della metà degli importi lordi.

    La diminuzione del cuneo fiscale dunque non comporta un risparmio per il datore di lavoro (a meno che non venga previsto che l’importo decurtato venga diviso fra il datore e il lavoratore) ma va ad incrementare il saldo netto percepito in busta paga. Proprio per questo i sindacati si battono da sempre su questa misura fiscale per aumentare gli stipendi dei lavoratori. Di contro il governo, deve trovare le adeguate misure economiche per finanziare questo taglio che comporta un minor gettito fiscale. In Italia il peso del cuneo fiscale è i circa il 46,5%, ovvero siamo uno dei paesi OCSE con la percentuale più alta.

    Questa cifra è costituita per il 15,3% dalle imposte personali sul reddito e per 31,2% dai contributi previdenziali che a loro volta sono divisi in parte sul lavoratore (7,2%) e in parte sul datore di lavoro (24,0%). Il Governo Meloni è voluto subito entrate nel problema presentando nella Legge di Bilancio un taglio del cuneo fiscale del 3% per i redditi sotto i 20 mila euro e confermando il taglio di 2 punti per i redditi fino a 35 mila euro, introdotto dal governo Draghi.

    Questa misura consentirà un aumento di circa 24 euro lordi in busta paga per tutti i lavoratori che percepiscono un reddito fino a 15 mila euro lordi, mentre per chi percepisce un reddito fino a 20 mila euro il taglio del cuneo fiscale di due punti consente di avere 30 euro lordi in più in busta paga, e ancora con un taglio di tre punti l’aumento arriva a 46 euro lordi, cioè 16 euro in più in busta paga. Per chi guadagna 35mila euro il taglio rimane di due punti percentuali, e dunque non avrà ulteriori aumenti in busta paga rispetto ai 53 euro lordi in più che già percepisce sin da quando è in vigore la misura.

    Soddisfatti i rappresentanti datoriali come Marco granelli di Confartigianato secondo cui questa manovra è «positiva, come primo passo», così come Emma Marcegaglia, presidente Marcegaglia Holding che ha detto «che è un buon inizio e bisogna continuare».

    Alessio Cecera

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